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La di­men­sione dell’ incontro

In qual­siasi tipo di set­ting e di in­ter­vento ciò che ca­rat­te­rizza ed in­di­vi­dua l’Approccio Centrato sulla Persona è l’assoluta pre­mi­nenza at­tri­buita al senso della re­la­zione. Molto prima delle que­stioni dia­gno­sti­che, delle mo­da­lità di col­lo­quio, de­gli as­sunti teo­rici, viene con­si­de­rata la di­men­sione esi­sten­ziale dell’incontro. Que­sto punto di par­tenza in­co­rag­gia lo psi­co­logo a raf­fron­tarsi con l’unicità dell’individuo che ha da­vanti e la spe­ci­fi­cità delle sue problematiche.

Non si tratta, se­condo Ro­gers, di ri­sol­vere il pro­blema o di eli­mi­nare il sin­tomo, ma di fa­ci­li­tare l’individuo a svi­lup­pare quel pro­cesso di cam­bia­mento che gli per­met­terà di af­fron­tare il pro­blema o di rias­sor­bire il sin­tomo in un fun­zio­na­mento glo­bale più fluido ed ar­ti­co­lato e di con­se­guenza più vi­cino alle sue istanze profonde.

In que­sto senso, il te­ra­peuta non è “l’esperto”, la “guida” che in­ter­preta, con­si­glia, pre­scrive ed in qual­che modo at­tri­bui­sce si­gni­fi­cati in base a una teo­ria “esterna”, ma co­lui che aiuta il cliente a co­struire si­gni­fi­cati fun­zio­nali al suo pro­cesso di svi­luppo. L’efficacia cli­nica non si basa sol­tanto su una se­rie di co­no­scenze o ca­pa­cità ma è qual­cosa di più fine e com­plesso che at­tiene alle tre aree del “sa­pere”, del “sa­per fare” e del “sa­per essere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'Approccio Centrato sulla Persona ha piena fiducia nell'essere umano in quanto tale e lo ritiene responsabile di se stesso, capace e libero di scegliere. Secondo Rogers, la natura umana è positiva, degna di fiducia e razionale quando gli individui vivono in accordo con questa loro vera natura.

Può risultare utile fare una analogia: un seme di un albero ha già in sé come intrinseca della sua natura una tendenza a realizzarsi come pianta che darà i suoi frutti; perché questo avvenga si debbono avverare delle circostanze favorevoli, come il trovarsi in un suolo ricco di sostanze nutritive ed un giusto clima, con temperature, dosi di acqua e di luce solare atte a favorirne la crescita. Se non interverranno malattie o altri eventi, il seme raggiungerà in pieno la sua tendenza a divenire pianta. In questo senso diremmo che si è realizzato.
Lo stesso seme, che invece si ritrovi a dover affrontare circostanze ben più sfavorevoli, quali un terreno povero in sostanze nutrienti, o in una densa foresta dove gli alberi già adulti tolgono tutto il sole, avrà lo stesso la sua tendenza a realizzarsi come pianta ma purtroppo gli saranno negate le possibilità di sviluppare appieno questo suo potenziale.
Se le condizioni sono favorevoli la tendenza attualizzante si rivelerà come un processo in continuo divenire in cui l’individuo sviluppa il suo naturale potenziale di autorealizzazione, divenendo una persona sempre più pienamente funzionante, tale processo porterà l’individuo ad essere libero da costrizioni morali imposte dall’esterno e nello stesso tempo lo porterà ad incarnare una “moralità naturale”, ad essere costruttivo verso se stesso e gli altri.
 
La Terapia Centrata sul Cliente

Basandosi su questo approccio Carl R. Rogers elabora la Terapia Centrata sul Cliente, nella quale si sostiene fermamente l'importanza dell'individuo di riprendere la responsabilità nella gestione della propria vita e nel fissare le proprie mete; l'essere umano non è concepito come un recipiente passivo di informazioni e trattamento nei confronti del professionista, ma come un soggetto attivo.

Per questo motivo Rogers e gli altri professionisti dell'approccio centrato sulla persona, preferiscono utilizzare il termine "cliente", evocativo del concetto di individuo come agente attivo e responsabile, rifiutandosi di considerare la persona un "paziente"che passivamente ricevono diagnosi e cura.

 

Le condizioni necessarie e sufficienti

Nel 1941, con la pubblicazione del suo terzo libro (tradotto in Italia per Astrolabio con il titolo "Psicoterapia di consultazione") Rogers segnò una tappa storica nel campo della psicoterapia: egli fu il primo psicoterapeuta al mondo che ebbe il coraggio di esplicitare apertamente il suo modo di operare, pubblicando per intero l’interazione letterale dello psicoterapeuta con un suo cliente all’interno di una intera psicoterapia, al fine di usare questa documentazione per valicare scientificamente le proprie ipotesi. In linea con tali ipotesi egli avanzò per primo l’idea dell’esistenza di”fattori comuni” condivisi dai vari paradigmi psicologici in psicoterapia, postulando la presenza di condizioni “necessarie e sufficienti” a promuovere il cambiamento, indipendentemente dalla teoria psicologica di riferimento.

Rogers parla di tre condizioni necessarie e sufficienti perché, all'interno di una relazione terapeutica, la persona possa sbloccare la propria tendenza attualizzante e permettere un cambiamento. Esse sono:

  • l'accettazione positiva ed incondizionata, ossia questa attitudine significa riconoscere un valore profondo all’umanità dell’individuo che si ha davanti, indipendentemente da ogni suo possibile comportamento (Mearns, Thorne, 1988). L’individuo è accettato indipendentemente da ciò che fa, pensa o dice, solo per quello che è e per la sua motivazione al cambiamento. L’individuo è accettato come persona, con le sue ferite e con le sue risorse.

  • l'empatia, ossia la capacità di comprendere i sentimenti ed i significati personali del cliente, il sapersi "mettere nei suoi panni" e l'essere capace di comunicare tale comprensione in modo tale da facilitare il raggiungimento di una maggiore chiarezza;

  • la congruenza del terapeuta ossia la capacità del terapeuta di essere profondamente autentico nella relazione con l'altro e con se stesso. La congruenza è lo stato di essere della persona quando i suoi responsi esteriori all’altro collimano costantemente con i sentimenti interiori e con le sensazioni che egli ha in relazione al cliente.

 

Rogers ha infatti dimostrato scientificamente che mettere la persona al centro della relazione psicoterapeutica e valorizzare lo sviluppo del potenziale umano non è solo applicare buon senso e buon cuore; è anche e soprattutto fare buona scienza. Le ricerche ci mostrano che, mettere la persona al centro della relazione (fornendole un clima basato sulle tre condizioni necessarie e sufficienti) dà migliori risultati clinici e, in particolare, l’umanizzazione dei trattamenti (non solo in psicoterapia, ma anche in medicina, e in tutte le relazioni di aiuto) produce migliori risultati,  minore conflittualità, minore stress e sofferenza.

 

Essere un terapeuta Centrato sulla Persona

Quanto più il terapeuta è se stesso nella relazione, non innalzando alcuna barriera professionale o facciata personale, tanto più grande è la probabilità che il cliente si trasformerà e svilupperà in maniera costruttiva (Rogers, 1980). 

Solo allora, il mio compito essenziale come terapeuta di sostenere, accompagnare e facilitare lo sviluppo delle risorse personali creando un clima sicuro, caldo, accogliente, di accettazione incondizionata ed empatia, può effettivamente facilitare la persona nel processo di cambiamento terapeutico.

 

Come scrive Rogers

 

“Quando le persone sono accettate e valorizzate, esse tendono a sviluppare un atteggiamento di mag­gior cura verso se stesse. Quando le persone sono ascoltate empaticamente, diventa loro possibile prestare un ascolto più accurato al flusso delle esperienze interiori. Ma via via che una persona com­prende se stessa, il Sé diventa più congruente con l'esperire. La persona diventa in tal modo più autentica, più genuina.

Queste tendenze, che sono il corrispettivo degli atteggiamenti del terapista, consentono all'individuo di essere un promotore più efficace della propria crescita.

C'è una libertà più grande nell'essere una persona vera, totale” 

 

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